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giovedì 3 maggio 2018

Si.

Le sente. Sono come piccole luci che intravedi solo con la coda dell’occhio, come i suoni improvvisi che non sei sicuro di aver sentito davvero, come il respiro che hai sentito sul collo, ma sei solo a casa.
Sente ogni persona nella base, ma sono sensazioni distorte, leggere, si confonde facilmente, non riesce a contarle come si deve.
Non è facile.
Forse però è meno complesso del togliersi la maschera e tornare a sentire l’aria sul viso.

Sono morto.

Non è paura degli altri, è paura di se stesso. Guardarsi allo specchio la prima volta è stato quasi impossibile, l’occhio cieco l’ha destabilizzato e non solo per la difficoltà con le distanze

Se loro non mi accettassero?

Ti vogliono bene

Ha spento la luce, si è chiuso nella sua stanza soffrendo da solo, con la cocciutaggine di chi ha sempre superato tutto da solo, chi non ha mai avuto bisogno di qualcuno che prendesse in mano la situazione o che gli dicesse


È tutto ok.

Di chi non ne ha mai avuto bisogno fin’ora.

Loro ti amano.

L’ha avvertita quella pausa, ha sentito nell’aria una frase non detta e ne è stato terrorizzato per quel minuto infinito, quella manciata di secondi che si è accucciata sulla bocca dello stomaco come un gatto fastidioso.

Grazie

È una risposta adeguata? Non è mai stato bravo con le parole, non saprebbe spiegare i sentimenti che gli risalgono il sangue fino al cuore, non sa come dire quanto sia importante per lui ciò che lei ha fatto o quanto questo gli abbia tolto dalle spalle il peso della solitudine.
Le parole sono complicate e nella sua testa ce ne sono anche troppe.
Si aggrappa quindi alle sue labbra e al suo corpo, perché è quello che sa fare meglio e che gli occupa meno problemi, la stringe a se e sussurra una sola parola ancora e ancora.

Grazie.

Quando il giorno dopo incontra Wade, pronto per il primo giro a volto scoperto della base, pronto a mostrare la sua deformità con l’orgoglio di chi viene amato, si ritrova a fare i conti con un sussurro mentale che gli scivola tra le meningi senza che l’altro apra bocca. Due semplici parole.

La ami?

lunedì 2 aprile 2018

*Incoming Message*

Messaggio ricevuto da Dust
*non c'è testo, ma riceverai una foto di Alma insieme ad Inger e Vladislav. La risoluzione non è il massimo ed è pure un po' sfuocata, ma si capisce chiaramente che Inger è vestita da principessa, con vestiti di fortuna ed una corona di cartone decorata con pezzi di plastica, mentre Vladislav porta una maschera da supereroe ed un mantello. Alma in tutto ciò sorride, con un cerchietto con un paio di antenne a molla che terminano in due stelle decisamente messe male. Si fa quel che si può.*

Fa caldo in Colombia, le zanzare ronzano rumorose e ne schiaccia un paio moleste sul collo mentre il telefono satellitare suona per la ricezione di un messaggio. Sospira voltandosi per controllare di chi si tratta. C'è un focolare poco lontano dalla tenda sotto cui è seduto, c'è gente che chiacchiera e si respira il profumo della battaglia nell'aria. E' tutto pronto per una delle tante battaglie che Gaia vincerà, non senza spargimenti di sangue, è la vigilia di una giornata grigia. 
Quando vede la foto il cuore batte un colpo in meno, trattiene il fiato e poi sorride. La Colombia non è poi così tanto brutta, e il sorriso di Alma e i bambini gli fa sembrare il mondo più colorato.

E subito dopo si rende conto di quanto terribile sia l'incapacità di tenere le distanze da qualcuno.

domenica 25 febbraio 2018

Hearts

Quando torna a casa nel cuore della notte dopo una lunga chiacchierata che forse gli costerà una nuova briciola di cuore, non si aspetta di vederli svegli. Inger ha gli occhi pieni di lacrime, il volto pallido e i capelli biondi appiccicati alla fronte, lui crede in un brutto sogno, ma è il viso terrorizzato di Vladyslav che lo scuote. Impiega interminabili minuti per calmarli, fissa lo schermo del televisore con una certa nota di amarezza nello sguardo, le immagini di violenza che scorrono come un film e lui non riesce a dire qualcosa che possa calmare i due piccoli che si stringono tra le sue braccia.

Verranno a mangiare i nostri cuori?
Verranno a prenderci? Con i fucili?

Quando riesce a farli addormentare già albeggia, lui ha perso il sonno e ha un forte magone che gli stringe il petto. Li ha convinti di essere al sicuro e che nulla li colpirà, che nessun mutante è stato ferito e che tutti staranno bene, che nel Freks non verranno mai, che sono protetti dai più forti combattenti, che niente e nessuno potrà mai sfiorarli e i bambini gli credono perchè lo desiderano ardentemente, lui non crede a se stesso nemmeno per un istante.
Deve uscire dal caravan per cercare di dare aria alla sua testa che brucia più delle fiamme dell'averno e lo fa con difficoltà estrema trascinandosi dietro il vecchio violino per poi dare fuoco al barile che ormai tiene fisso nel piazzale. Solo quando le fiamme sono alte verso il cielo abbassa lo sguardo nel cuore delle stesse, cerca qualcosa, ma ciò che trova è solo il nucleo luminoso di un fuoco mortale.
Ripensa agli ultimi giorni, il fuoco gli scivola dentro il corpo, gli pizzica il cuore malato e lui china il capo, posando la mano libera dal violino per adagiarla sul proprio petto.

Inizia a suonare e mentre la musica scivola dalle sue dita lui pensa alle parole cariche di sentimento di William, ai fianchi di Alma, agli occhi di Routh e alle labbra di Mad, pensa ai sorrisi di Irina e al volto di Ylenia e infine ai volti dei due bambini, carichi di lacrime e dolore, che gli chiedono aiuto e protezione, quando lui non riesce a donare loro le giuste carezze, semplicemente perchè non le ha mai davvero testate su di se. Quando apre gli occhi sul fuoco che arde una singola lacrima scivola sul suo volto schiantandosi contro il ginocchio e gli pare quasi di sentire cantare sua madre sulle corde di quel violino.

Chi potrebbe mai amare un pagliaccio?


giovedì 1 febbraio 2018

Magdalene

So che avrebbe dato qualsiasi cosa per proteggere questo posto  
e penso che avrebbe dato qualsiasi cosa per chiunque fosse un freak.
Rigira tra le mani le foto che ha staccato dall'interno del furgoncino rotto, accenna un sorriso mentre piega leggermente il capo alzando lo sguardo verso lo scivolo acquatico davanti cui ha parcheggiato il caravan.

- Tata? 
- Mh?
- Puoi far partire la giostra dei cavalli?
- Ci posso provare..


 forse è questo che serve, per essere come Mad
 credere che ogni freak è come un figlio, ti può portare a dare tutto pur di proteggerlo.  

venerdì 19 gennaio 2018

Dover - 13.08.26

Il campo è in fiamme. 
Il campo è in fiamme e lui non riesce a spegnerle.
Le donne piangono e abbracciano uomini a terra.
Il suo sangue è sparso per le strade.
Il sangue del suo sangue.

Vadir

Ha seguito l'odore della morte e della paura fino al vagon di suo nonno, si è trascinato con le mani sporche di cenere e sangue fino ai gradini lavorati di una roulotte che fin dai primi passi è stata la sua casa, un porto sicuro dove rifugiarsi. Perchè nonostante il dolore Yuri è sempre stata la sua unica famiglia.

Vadir

Yuri Kopanari giace a terra, il sangue che si allarga sulla maglia, gli inumidisce il petto largo e le mani grandi non riescono a trattenerlo. Sta morendo. Si china su di lui premendo su quel sangue, cercando di trattenerlo senza successo. Trentasette minuti. Si è allontanato per trentasette minuti e questo è ciò che l'ha aspettato al ritorno, la rabbia cieca di chi odia il diverso, di chi lo considera una minaccia. Qualcosa da trasformare in cenere.

Inger ... ha provato.
Inger ha cercato di fermarli.
Li hanno presi, tutti i nostri gioielli.
Vadir, riprendi ciò che è nostro.
ciò che è tuo.

La voce profonda di Yuri ora è sporcata da gorgoglii, sembra che stia affogando, ma non c'è acqua. Si china sul suo petto e annuisce lentamente senza parlare, non ha più voce per dire nulla, non ha più fiato, solo una rabbia cieca che lo scuote fin nelle ossa e gli fa stringere i denti fino a rischiare di romperli. Yuri soffia l'ultimo alito di vita contro il suo volto e lui lo lascia a fatica per uscire a cercare di spegnere le fiamme. Le fiamme di un Clan sterminato di cui lui per nascita è ora capo.

Cosa faremo ora Vadir?
Qual'è il nostro destino?
Guidaci nei giorni bui.
Lasciaci liberi nei giorni di gioia.
Solo per ora, fino alla nostra vendetta.
Saremo il clan fantasma delle fiamme blu.


martedì 9 gennaio 2018

R u gonna die?

Tata, r u ok?

Vladyslav ha la voce sottile di chi ha paura, le mani piccole e morbide che si posano sul ginocchio di lui che, curvo sul tavolo, si stringe la maglia ad altezza del petto.

È ok.

Lo dice tra i denti mentre il sudore freddo gli imperla la fronte, la mano libera si stringe a pugno sul tavolo, le spalle si alzano e chiude gli occhi contando mentalmente fino a dieci, cercando di riprendere coscienza di se, di non svenire per il dolore.

Chiamo Inger?

Vladyslav non sa che fare, è un bambino e ovviamente punta a cercare la figura che, subito dopo il padre, lei considera come principale, colei che sa sempre cosa fare.

No. Vlad, sto bene.

Non ha un figlio scemo. Lo sguardo che gli regala è si carico di apprensione, ma anche decisamente "no shit".

Ora passa.

Lo specifica per dare una spiegazione alla sua bugia, gli occhi su di lui mentre il dolore scema, i muscoli restano contratti e lui chiude gli occhi posando la testa contro il tavolo, cercando riposo. Inspira e torna a osservare il bambino subito dopo, sorridendo stanco.

Visto? Solo.. solo un po' di mal di stomaco, bevuto troppo.
Tu non morirai, vero?
Cos?

Aggrotta la fronte fissando il bambino con le lacrime agli occhi, le mani strette tra loro e il labbro tremolante. Sospira allungando le braccia per stringerlo a se. Ha il fiato che manca, ma non se ne cura, stringe a se il bambino con tutte le forze che gli rimangono.

No, non morirò.
We don't want to be alone
Non siamo soli.

La voce di Brendan gli entra nelle orecchie, il ricordo dei suoi gesti continui, del suo volto stanco e della sua calda determinazione.

Non saremo più soli.

Specifica, baciando i capelli del bambino. Forse non è un clan, ma è ciò che più si avvicina ad una famiglia.

martedì 2 gennaio 2018

Happy New Year

Il piazzale del Luna Park è desolato, i mutanti che cercavano riparo da occhi indiscreti si sono fatti più attenti, sono scappati per non farsi vedere. Hanno paura.
Lui sta invece portando fuori dalla roulotte un tavolo, ha trascinato -e non con fatica- un barile di metallo recuperato da dietro la ruota panoramica e l'ha piazzato a cinque metri dalla roulotte, accendendo un fuoco al suo interno dopo aver forato il fondo, così da creare un braciere adatto a riscaldare quantomeno i bambini.
Tavolo, un paio di sedie e trascina i bambini fuori, perchè è quasi mezzanotte e il mondo sta cambiando. Ancora.

- Vlad, appendi le erbe!

Alza la voce, dimentica di essere prudente, almeno stanotte vuole stare bene, vuole essere felice, spensierato, come quando era nel clan, quando tutti si guardavano le spalle e c'erano canzoni ogni sera.

- Non trovo i nastri rossi! TATAAA

Inger è più agitata di tutti, ha i movimenti scattanti di chi si aspetta troppo dalla giornata e lui non può fare a meno di sorridere mentre ritrova i nastri sotto il divanetto della roulotte e si impegna a legarli intorno ai polsi dei bambini, mentre loro lo legano intorno al suo polso.

- Hamburger e patatine, ma solo stanotte, solo perchè avete fatto i bravi. Hey, magari qualche fata vi porta dei regali.

Ipotizza, stringendosi nelle spalle mentre i bambini saltellano sul posto e lui cerca qualcosa per fare musica. I preparativi sono concitati, il cibo è quello che è, ma nessuno protesta, la serata prosegue tranquilla e lui è costretto a scuotere entrambi quando è quasi mezzanotte e loro sono crollati -anche Inger- addormentati contro le sue gambe.

- I Fuochi! I Fuochi!!

Vladyslav si nasconde dietro di lui, anche se non ammette di essere spaventato dai botti, Inger gira su se stessa ridendo come non mai e lui si avvicina al bidone rimboccando il fuoco con le dita, una fiammata blu che si alza verso il cielo per pochi istanti mentre lui torna verso la sedia, lasciandosi cadere su di essa con un sospiro. Urla e risate lo allontanano dalla realtà, quando un paio di Freak si avvicinano incuriositi li invita ad unirsi, alza la musica e qualcuno porta degli avanzi, si fa festa in pochi e per poco tempo, prima che la paura torni e tutti si rinchiudano nei loro antri, alle due il silenzio regna già sovrano, i bambini dormono su i divanetti all'interno, lui sgombera il piazzale con l'aiuto di un mutante con la pelle viola che gli svela, con voce sibilante, che entro la mattina se ne andrà nella Ghost Road a cercare un appartamento da occupare e che conviene anche a lui spostarsi, lui guarda il cielo sereno e ricorda le parole dei fantasmi del passato che ha incontrato negli ultimi giorni, ma ricorda anche l'aspetto di quella strada desolata e il volto di quei fantasmi.

Resta dove ci sono canzoni.
Non può andare nel Desert Side
I morti non cantano.

venerdì 29 dicembre 2017

Ghosts

- Mi prendono! Mi prendono!
- Inger..Inger..
- Mă iau, tată!
- Inger, sono qui, sono qui..

Abbraccia la bambina che piange contro il suo petto, le lacrime che gli bagnano la maglietta del pigiama e i singhiozzi che le scuotono la schiena. Il fratello si sveglia confuso, affacciandosi dal suo letto a castello per chiedere cosa succede e l'unica cosa che lui può fare è scuotere il capo, facendogli cenno di tornare a dormire.

- Va tutto bene, stai bene
- I'm scared!
- Lo so, ma io sono qui ora, niente più nightmare, ok?

Accarezza i capelli biondi della figlia, accettando di trascinarsela nel letto matrimoniale, permettendole di stringersi a lui. Inger non dorme più bene dopo quello che è successo a Dover, ma alla fine quello che sta passando le notti insonni con lei è lui. Alle cinque del mattino si siede al tavolino, guardando fuori dal finestrino coperto dalla grata di metallo che ha dovuto aggiungere durante la guerra, fissa il luna park abbandonato e le figure scure che camminano tra le giostre e si chiede se è quello il futuro che può dare ai suoi figli, non sa rispondersi e scola lattine di birra cercando una soluzione a tutto.
A Inger e ai suoi incubi.
Al dolore al petto e al fiato corto.
Alla mancanza di soldi.
Alla roulotte rotta.
A Vladyslav che non sa ancora scrivere o leggere.
Al futuro incerto.
Al livido sul fianco e a Brendan che apre e chiude i pacchetti di sigarette.

L'unica soluzione che trova è coprirsi il viso con le mani e pregare per la prima volta suo padre, chiedergli più tempo, quel che basta per aggiustare almeno metà dei problemi che lo affliggono.

Resta li dove ci sono canzoni.
Resta li dove ci sono canzoni, mi piace.

sabato 23 dicembre 2017

Philly

Alza il volume della radio mentre supera il cartello stradale che da il benvenuto a Philadelphia, città dove tutto è crollato e che ha abbandonato con la coda tra le gambe trascinandosi via non solo la sua casa su quattro ruote, ma anche tutto ciò che possedeva, ritrovandosi ora a tornare su i suoi passi con la schiena rotta e il petto che fa troppo male.

- Non mi piace questa canzone.
- Pensavo dormissi.

Abbassa il volume, senza togliere la mano dalla piccola manopola nera accanto allo schermo verde della radio, tentenna e infine lascia andare, riportando la mano sul volante, il volto stanco e il corpo abbandonato sul sedile. Ha guidato per così tanto tempo che non sente quasi più le gambe.

- Siamo arrivati?
- Ancora un oretta prima di raggiungere il Luna Park, ti piaceva li, no?
- Rivedremo Jo?
- Non lo so, ma sicuramente aggiusteremo un po' le cose, abbi fiducia.

Il silenzio in risposta gli fa aumentare il peso sul petto, socchiude gli occhi mentre continua a guardare la strada, concentrandosi solo ed esclusivamente su di essa, dietro di lui la roulotte è immersa nel buio, non una luce o un segno di vita vera.

- We are Freak, tata?

Ha un dejavù, le mani tremano mentre stringe il volante dell'auto. La fronte aggrottata e la determinazione nello sguardo.

- Da, Freak and Proud.

Risponde con lo stesso tono con cui rispose nemmeno un anno prima, come se cercasse lo scontro contro qualcuno di invisibile avanti a se, pronto a scommettere sulle sue stesse parole. Inspira profondamente ingoia un grumo di saliva che fatica  a scendere.

- Saremo al sicuro li?


giovedì 11 maggio 2017

Fears

Ma tem.

Non risponde subito mentre allunga la mano e accoglie il bambino nel suo letto matrimoniale, in quella roulotte non ancora completa. Vadislav ha il suo letto, a castello, posto sotto quello della sorella maggiore - che dorme profondamente sotto le coperte colorate che hanno comprato il giorno prima. Sta spendendo tutti i soldi che possiede per personalizzare quella roulotte, si sta impegnando così tanto per renderla sicura e adatta ai bambini.

Sai che non c'è niente di cui aver frica, vero Vlad?

Lascia che il bambino si accoccoli sotto la coperta, abbracciato a lui, il volto nascosto contro il suo petto.

Un copil al campo ha detto che moriremo tutti, io non voglio morire tata..
Nessuno morirà Vlad, l'ha detto solo per spaventarti.
Ma.. e se dice adevarul?
Tata è con te e con Inger, non vi succederà mai nulla.
Possiamo tornare acasa?
Vlad...

Lo stringe a se, chiude gli occhi cercando nella sua testa una risposta plausibile, un modo per non dirgli no e al tempo stesso dirglielo ugualmente. 

È questa casa ora.
Ma non c'è familie
Ne stiamo costruendo una nuova, un po' diversa, ma nuovissima.. per ora siamo stati con Yuri, ma dobbiamo crearne un grup nostro, uno dei focurile albastre.
Ma io quello con la faccia rossa non lo voglio nel mio grup..
Non penso ne farà parte.. ma Vlad... tutti i Freak sono benvenuti nel nostro clan, ti piacerebbe se ti lasciassero da solo perché fai fuoco blu e fai paura?
Nu!
Ecco. Ora dormi, è tardi. Domani ti porto da Neverland, mh? Prendi un nuovo libro.
Ok..

Accarezza i capelli biondicci mentre fissa il buio avanti a se, il tessuto colorato che ha attaccato alle pareti insieme a monete portafortuna, stringe a se il bambino e prega di sognare cavalli bianchi, per poi recuperare il cellulare mandando un messaggio.

giovedì 20 aprile 2017

Responsabilità

 - Irina?
 - Damn u Vad, non puoi chiamare.
 - Sei incinta?
 - Te l'ha detto Inger?
 - Fack, l'hai spediti da me perchè ti stai a fare la famiglia nuova?
 - Ravi dice che sono pericolosi se c'è un neonato, Vald ha bruciato le tende l'altro giorno e Inger non sa controllarlo. Hanno bisogno di qualcuno che glielo insegna, e tu puoi insegnarglielo.
 - Vivo solo in un cazzo di furgone Irina, come cazzo posso badare a loro? Ah? Non ho cibo per me..non ho un clan dietro le spalle, cazzo! Yuri mi ha buttato fuori, o hai dimenticato?
 - Quando il bambino nasce possono tornare, ma non prima.
 - Shite, col cazzo che tornano. C'hanno il cognome mio, tu me li smolli e io me li tengo Irina, se stanno con me, stanno con me sempre. Non li rivedi più, giuro, lo giuro mi hai sentito? Mi hai sentito?
 - Fottiti Vad. Fottiti.

Butta il telefono sul sedile accanto al proprio e si massaggia il setto nasale con entrambe le mani, cercando di riprendersi almeno un po', fuori la notte è buia e dietro di lui i due bambini dormono sul materasso, abbracciati. Li osserva dallo specchietto retrovisore e posa la schiena e la testa contro il sedile con un sospiro strozzato e gli occhi che si chiudono e cerca di rilassarsi. Ha bisogno di una roulotte prima che la schiena gli si spezzi in due con un rumore sordo.
Che lo voglia o no, deve iniziare a darsi una mossa.

martedì 18 aprile 2017

Freak and proud

Un viaggio di almeno due giorni. Quindici ore seduto davanti al volante del vecchio furgone, anche quando era notte e gli sarebbe bastato strisciare sul materasso nel retro. Ha le mani strette intorno al volante del furgone anche quando aspetta un ora e cinque minuti alla vecchia stazione di servizio dove ha appuntamento con Ravi. È uno scambio nel cuore della notte come il peggio dei ladri e spacciatori che l'ha reso nervoso e agitato.
Quando Ravi riparte sgommando con il vecchio pick-up giallo canarino lui rilassa le spalle e prende un profondo respiro di sollievo aprendo le mani e sbrogliando quei pugni dolorosi.

And now?

Perde quindici minuti a fissare il nulla oltre il parabrezza mentre quattro occhi chiari lo guardano dallo specchietto retrovisore cercando risposte che non sa. Chiude le labbra in una linea sottile e cerca di recuperare una risposta quantomeno accettabile.

We can handle it.

Ma non ne è sicuro, e la voce dietro di lui pare saperlo, e replica in tono quasi arreso una verità che gli fa comprendere tutto, che gli da risposte che non vorrebbe avere.

mama is pregnant.
Oh.
We ar freak tata?

Stringe le labbra, lancia uno sguardo ai due bambini seduti sul materasso dietro le sue spalle e alza il mento in un gesto di stizza, nemmeno cercasse uno scontro.

Da. Freak and proud.
Niciodatā mai sclav.

Il coro di voci lo fa sorridere, l'orgoglio che ha avvertito in esse gli riempie il cuore di certezze, sciogliendo ogni dubbio. Ce la può fare, non ha bisogno di niente ed è in grado di prendersi cura del suo clan, annuisce ai suoi stessi pensieri inserendo la marcia e partendo, direzione Philly.

giovedì 6 aprile 2017

Heart

Quando rientra nel furgone ha ancora il fiatone e la sensazione di un peso al centro del petto, si sdraia nel centro del materasso con le braccia aperte e gli occhi chiusi, le punte dei piedi premono contro i portelloni del furgone che si è chiuso alle spalle cinque minuti prima -e gli sembra una vita fa-. Il telefono è nella tasca del bomber e gli ci vuole qualche istante di troppo per recuperarlo quando inizia a suonare e nonostante il fiato corto risponde senza indugio e senza guardare il nome sul display.

- Ta'?

La voce di bambina gli scivola nell'orecchio come un serpente velenoso, infilandosi nel cervello dolorosamente. Chiude gli occhi e inspira cercando di regolare la voce, non vuole apparire stanco, tutt'altro.

- Hey Ingerul meu, come stai? Dove cazzo hai preso un telefono?
- Strab' Yuri pensava di averlo nascosto bene, ma io sono più brava di lui sai?
- Lo so che sei brava Inger, ma vedi di non far incazzare Yuri.
- Pensi che sono scema come te?

Ha otto anni e un cervello che gira meglio del suo. Con un mugolio si mette seduto, schiena curva e aspetto trasandato, osserva le foto attaccate alla parete di metallo accanto a lui, illuminate dalla luce che scivola dai finestrini. Chiude gli occhi e finge di essere li, di essere al campo, di poter aprire la porta e vederli tutti, pronti a dargli uno spintone o una pacca sulla spalla. Anche un cazzotto, perchè no.

- No Inger, non sei una scema, Yuri è ancora incazzato?
- Non vuole nemmeno che ti nominiamo, non davanti a lui almeno, ha detto che se ti vede ti spara e che sei un tradator.
- Mandalo a fanculo, sai che non è vero...me ne starò un po' per cazzi miei, mi faccio il mio clan, me lo creo, ho trovato un buon posto, troverò presto un buon giro di lavoro, qualche donna e poi..
- Mi manchi Ta'
- ...

Si toglie il cappellino passandosi una mano tra i capelli rasati. Alza gli occhi a fissare nuovamente le foto e sofferma lo sguardo su quella che ritrae la bambina al telefono, capelli castani legati in una coda alta, un fiocco giallo a tenerli fermi.

- Andrà tutto bene, tornerò presto.
- E con Strab come si fa?
- Un modo si trova, ok? Non fare la pessimista, il Texas non è poi così lontano da dove sto ora e..
- Non siamo in Texas.
- E dove siete?
- Boh, ma so che hanno cambiato città dopo che sei andato via, stiamo viaggiando da un'altra parte.

Stringe le labbra e si alza, mettendosi in ginocchio sul materasso, cercando di dare una regolata al nervosismo che gli scivola sul corpo entrandogli sotto pelle, rischia di sbattere la testa contro il soffitto del furgoncino, ma si mette in piedi e preme una mano contro il metallo, le fiammelle azzurre scorrono tra le dita come acqua.

- Quando sai dove siete fammelo sapere, ok? Ok?
- Ok Ta', è ok..te lo faccio sapere.
- Brava bambina
- Mama ha detto che c'hai la roba, la respo..respisabile? dice che di stare vicino Strab in questo stato è pericoloso, per noi..non per, hai capito no?
- Draga...
- Lo dice Mama, non io, dice che dobbiamo venire da te, se diventa troppo, Vady ha rischiato l'osso oggi e Ravi non gliene fotte molto.

Torna a sedersi sul materasso, porta le mani contro la fronte, un'altra occhiata alla raccolta di foto e una bestemmia a labbra socchiuse mentre sembra cercare di ragionare, di riportare un minimo di senso nella sua mente, ma non ci riesce davvero, tutt'altro. Sospira, posa la testa contro il metallo della parete dietro di lui e chiude gli occhi.

- Vedrò di trovare una soluzione, ok? Sai che il vecchio furgone è piccolo, cazzo, Ravi  una cazzo di cosa doveva fare, gli ho dato Mama, doveva solo badare ad una cazzo di cosa..io..
- E' ok se non ci vuoi Ta'.
- Non è questo, non dire questo, non ho detto questo ok? Devo solo mettere i soldi da parte, prendere un furgone più grosso e poi tu e Vad potete venire, ma ho bisogno di tempo.
- Ok, lo dico a Mama...ma ora devo andare, che rimetto il telefono da Strab, così non pensa che l'ho usato.
- Cancella il numero prima, e draga...ti voglio bene, ok? Ti voglio bene Ingerul Meu.
- Non fare il frocio Ta'

Ride, e la voce gli si blocca in gola, mentre chiude la chiamata lasciandosi andare in una tosse senza precedenti. La sua risposta per calmarla e aprirsi una lattina di birra e ingurgitarne metà mentre si massaggia il petto.
Ha solo bisogno di un tempo che non ha e di soldi di cui non sente nemmeno l'odore.

Fanculo.