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martedì 20 marzo 2018

Merda

Magdalene 

Quando si sveglia lo fa a fatica. La testa fa male e la sbronza della sera precedente gli bussa con prepotenza chiedendo indietro il divertimento. Ha una forte nausea e gli fa male ovunque, ma non è questo ciò che più lo infastidisce. E' il ricordo di ciò che è accaduto che lo fa sprofondare nello sconforto.
Sospira pensando a Brendan lasciato sulla strada del Desert, cerca di dare un senso alle parole che ricorda di aver detto e si ritrova a nascondere il volto tra le mani dandosi mentalmente dello stupido mentre sposta le gambe sotto le lenzuola, seduto nel centro del letto, la schiena curva e i gomiti posati sulle ginocchia, ha affrontato discorsi troppo delicati con troppo alcool inzuppato in corpo, dovrebbe contattare in qualche modo l'ex preside, chiedergli scusa per il comportamento e aggiustare un rapporto che spera essergli utile, un giorno.

Io parlo come qualcuno che è stanco, sono davvero molto stanco « scuote la testa, stringe le labbra e poi senza motivo sorride, ma è un sorriso che viene tirato su con estrema difficoltà, alza una mano e cerca di posarla in modo brusco sul lato del volto di Brendan, tentando di infilare le dita tra i capelli ricci di lui, piantandogli il palmo sulla guancia, una pacca fraterna diciamo » è perchè siamo brave persone

Mugola e pensa ai bambini che forse ha svegliato alzando la voce, quando è rientrato alla base e a Reyes che probabilmente non gli rivolgerà più la parola dopo il casino fatto per entrare nel Sanatorium. Strofina le mani dal volto fino alla testa, gratta il cuoio capelluto e tiene gli occhi serrati. L'aria gli scivola sul petto nudo e sulla schiena, facendolo rabbrividire. E' nudo.

Merda.

Ha ancora il sapore dei baci di Alma tra le labbra, segni di morsi sul corpo e di graffi dietro la schiena. Ricorda le parole che le ha detto e le dita dalla testa scivolano sul volto aggrappandosi alle guance come se volesse strapparsele. Sospira buttando aria dalle labbra socchiuse e fissa il lato del letto vuoto accanto a se. Ingoia un grumo di saliva che fatica a scendere per la sensazione che gli grava addosso e distoglie lo sguardo per posarlo sul muro della "sua" camera. Ha staccato le foto che aveva dentro il furgone rotto per portarle li dentro, al sicuro. Ci sono foto di una giovane Irina sorridente, Inger che gioca con un cane e Vladislav appena nato, ci sono immagini del vecchio Yuri e di tutti quelli che considera una famiglia. Da qualche parte tra le foto nuove c'è Magdalene che ride mentre lui la prende in braccio sotto l'acqua di una fontana rotta. Fissa quella foto a lungo e pone finalmente il tabù sul suo nome.
E insieme a lei muore anche un po' di lui.

Ho scritto Magdalene sul monumento e lei è morta per questo pianeta, è morta per i mutanti, per proteggerli..« trattiene il fiato, fissa Alma » e tu hai detto a Kendra le stesse cose..le stesse di lei. Tu moriresti per i mutanti, moriresti per un mondo migliore per loro « è stato il discorso di Alma a colpirlo, la verità è tutta la » non posso perdere anche te come lei, non voglio scrivere il tuo nome su quel muro, non ce la faccio, non voglio farlo.

 voglio solo..voglio continuare a fare sesso con te, voglio continuare a vederti sorridere, voglio toccarti e guardarti giocare con i bambini. Tutto qui, sopravvivi così « annuisce e allontana appena la fronte » perchè io sono disposto a morire e a uccidere per i mutanti, lo sono, ma non sono disposto a lasciar morire qualcun'altro.



sabato 27 gennaio 2018

Freak and Proud

 - Le avevo chiesto di scappare con me.

Mentre torna verso casa, le mani nelle tasche della giacca di pelle, pensa a quel giorno, quando prima di partire aveva fatto l'amore con lei l'ultima volta è qualcosa si ferma, un grumo di dolore alla base della gola che non riesce a scacciare e che lo soffoca finché non arriva davanti al Wagon, gli occhi fissi sulla sua casa mentre le parole di lei gli scivolano nelle orecchie come serpenti, mescolate alle notizie di chi la da per morta. Scomparsa.

- Hanno bisogno di me.

La poca luce della strada illumina il metallo del caravan, si intravedono i segni neri di scritte razziste che ha strofinato via con rabbia e che lui riesce ancora a vedere.

- Magari un giorno...

Inspira e trattiene il fiato, quando chiude gli occhi per trattenere quella rabbia che lo fa tremare si disegnano davanti a lui figure famigliari.
C'è chi con i capelli ricci e brizzolati apre e chiude un pacchetto di sigarette in modo spasmodico, c'è una donna bionda che doveva essere bellissima un tempo, ma ora sembra un fantasma, una ragazza dagli occhi tristi che finge che tutto vada bene e un uomo ferito nel corpo e nell'anima, più vecchio di quanto non sembri.

 Poi c'è lei, un giorno d'estate, che lo guarda con il sorriso sulle labbra. La sua Susan che gli sfiora le labbra con le proprie.

- A presto.

Si siede sui gradini della roulotte e accende una sigaretta in barba alle promesse a Calliope.

Sapeva che non l'avrebbe rivista mai più. Lei lo sapeva e ricorda perfettamente il desiderio di starle accanto, di affrontare quella battaglia con lei, di fare qualcosa di buono che significasse, che restasse nella sua anima, che lo riscattasse agli occhi del mondo.

Ma non era la sua guerra, non era la sua gente e non era la sua città.

Si fissa il tatuaggio scheletrico sul dorso della mano e aggrotta la fronte allungando le dita verso il buio, osserva le fiamme bluastre arrampicarsi tra le dita e chiude la mano accogliendole come una carezza.

- Freak and proud.

Ci è voluto un po', ma l'ha capito. 

martedì 9 gennaio 2018

R u gonna die?

Tata, r u ok?

Vladyslav ha la voce sottile di chi ha paura, le mani piccole e morbide che si posano sul ginocchio di lui che, curvo sul tavolo, si stringe la maglia ad altezza del petto.

È ok.

Lo dice tra i denti mentre il sudore freddo gli imperla la fronte, la mano libera si stringe a pugno sul tavolo, le spalle si alzano e chiude gli occhi contando mentalmente fino a dieci, cercando di riprendere coscienza di se, di non svenire per il dolore.

Chiamo Inger?

Vladyslav non sa che fare, è un bambino e ovviamente punta a cercare la figura che, subito dopo il padre, lei considera come principale, colei che sa sempre cosa fare.

No. Vlad, sto bene.

Non ha un figlio scemo. Lo sguardo che gli regala è si carico di apprensione, ma anche decisamente "no shit".

Ora passa.

Lo specifica per dare una spiegazione alla sua bugia, gli occhi su di lui mentre il dolore scema, i muscoli restano contratti e lui chiude gli occhi posando la testa contro il tavolo, cercando riposo. Inspira e torna a osservare il bambino subito dopo, sorridendo stanco.

Visto? Solo.. solo un po' di mal di stomaco, bevuto troppo.
Tu non morirai, vero?
Cos?

Aggrotta la fronte fissando il bambino con le lacrime agli occhi, le mani strette tra loro e il labbro tremolante. Sospira allungando le braccia per stringerlo a se. Ha il fiato che manca, ma non se ne cura, stringe a se il bambino con tutte le forze che gli rimangono.

No, non morirò.
We don't want to be alone
Non siamo soli.

La voce di Brendan gli entra nelle orecchie, il ricordo dei suoi gesti continui, del suo volto stanco e della sua calda determinazione.

Non saremo più soli.

Specifica, baciando i capelli del bambino. Forse non è un clan, ma è ciò che più si avvicina ad una famiglia.

martedì 2 gennaio 2018

Happy New Year

Il piazzale del Luna Park è desolato, i mutanti che cercavano riparo da occhi indiscreti si sono fatti più attenti, sono scappati per non farsi vedere. Hanno paura.
Lui sta invece portando fuori dalla roulotte un tavolo, ha trascinato -e non con fatica- un barile di metallo recuperato da dietro la ruota panoramica e l'ha piazzato a cinque metri dalla roulotte, accendendo un fuoco al suo interno dopo aver forato il fondo, così da creare un braciere adatto a riscaldare quantomeno i bambini.
Tavolo, un paio di sedie e trascina i bambini fuori, perchè è quasi mezzanotte e il mondo sta cambiando. Ancora.

- Vlad, appendi le erbe!

Alza la voce, dimentica di essere prudente, almeno stanotte vuole stare bene, vuole essere felice, spensierato, come quando era nel clan, quando tutti si guardavano le spalle e c'erano canzoni ogni sera.

- Non trovo i nastri rossi! TATAAA

Inger è più agitata di tutti, ha i movimenti scattanti di chi si aspetta troppo dalla giornata e lui non può fare a meno di sorridere mentre ritrova i nastri sotto il divanetto della roulotte e si impegna a legarli intorno ai polsi dei bambini, mentre loro lo legano intorno al suo polso.

- Hamburger e patatine, ma solo stanotte, solo perchè avete fatto i bravi. Hey, magari qualche fata vi porta dei regali.

Ipotizza, stringendosi nelle spalle mentre i bambini saltellano sul posto e lui cerca qualcosa per fare musica. I preparativi sono concitati, il cibo è quello che è, ma nessuno protesta, la serata prosegue tranquilla e lui è costretto a scuotere entrambi quando è quasi mezzanotte e loro sono crollati -anche Inger- addormentati contro le sue gambe.

- I Fuochi! I Fuochi!!

Vladyslav si nasconde dietro di lui, anche se non ammette di essere spaventato dai botti, Inger gira su se stessa ridendo come non mai e lui si avvicina al bidone rimboccando il fuoco con le dita, una fiammata blu che si alza verso il cielo per pochi istanti mentre lui torna verso la sedia, lasciandosi cadere su di essa con un sospiro. Urla e risate lo allontanano dalla realtà, quando un paio di Freak si avvicinano incuriositi li invita ad unirsi, alza la musica e qualcuno porta degli avanzi, si fa festa in pochi e per poco tempo, prima che la paura torni e tutti si rinchiudano nei loro antri, alle due il silenzio regna già sovrano, i bambini dormono su i divanetti all'interno, lui sgombera il piazzale con l'aiuto di un mutante con la pelle viola che gli svela, con voce sibilante, che entro la mattina se ne andrà nella Ghost Road a cercare un appartamento da occupare e che conviene anche a lui spostarsi, lui guarda il cielo sereno e ricorda le parole dei fantasmi del passato che ha incontrato negli ultimi giorni, ma ricorda anche l'aspetto di quella strada desolata e il volto di quei fantasmi.

Resta dove ci sono canzoni.
Non può andare nel Desert Side
I morti non cantano.

venerdì 29 dicembre 2017

Ghosts

- Mi prendono! Mi prendono!
- Inger..Inger..
- Mă iau, tată!
- Inger, sono qui, sono qui..

Abbraccia la bambina che piange contro il suo petto, le lacrime che gli bagnano la maglietta del pigiama e i singhiozzi che le scuotono la schiena. Il fratello si sveglia confuso, affacciandosi dal suo letto a castello per chiedere cosa succede e l'unica cosa che lui può fare è scuotere il capo, facendogli cenno di tornare a dormire.

- Va tutto bene, stai bene
- I'm scared!
- Lo so, ma io sono qui ora, niente più nightmare, ok?

Accarezza i capelli biondi della figlia, accettando di trascinarsela nel letto matrimoniale, permettendole di stringersi a lui. Inger non dorme più bene dopo quello che è successo a Dover, ma alla fine quello che sta passando le notti insonni con lei è lui. Alle cinque del mattino si siede al tavolino, guardando fuori dal finestrino coperto dalla grata di metallo che ha dovuto aggiungere durante la guerra, fissa il luna park abbandonato e le figure scure che camminano tra le giostre e si chiede se è quello il futuro che può dare ai suoi figli, non sa rispondersi e scola lattine di birra cercando una soluzione a tutto.
A Inger e ai suoi incubi.
Al dolore al petto e al fiato corto.
Alla mancanza di soldi.
Alla roulotte rotta.
A Vladyslav che non sa ancora scrivere o leggere.
Al futuro incerto.
Al livido sul fianco e a Brendan che apre e chiude i pacchetti di sigarette.

L'unica soluzione che trova è coprirsi il viso con le mani e pregare per la prima volta suo padre, chiedergli più tempo, quel che basta per aggiustare almeno metà dei problemi che lo affliggono.

Resta li dove ci sono canzoni.
Resta li dove ci sono canzoni, mi piace.